Non era
vero! Era proprio lei! Immaginata e desiderata: la bici nuova! Telaio
azzurro, cambio a cinque marce, il migliore che si conoscesse, ruote
grandi con i copertoni sottili, bianchi, con il battistrada marrone
chiaro. I raggi a doppio diametro leggeri e lucentissimi. Le farfalle
d’alluminio al posto dei bulloni, per fissare le ruote. I pedali con la
gomma bianca e i catarifrangenti arancioni. Il manubrio stretto e
basso. Bella!
Il sole era alto e si rifletteva nei raggi delle ruote
proprio come nei sogni. Il cuore a mille e la voglia di toccarla, di
salirci sopra e andare. C’era un solo posto dove poterla provare: al
fiume. I margini erano alti, lontani dall’acqua, solcati da sentieri
ripidi dove si saliva e si scendeva. Da brivido!
Con la vecchia bici, piccola e senza cambio, si poteva
saltare da una duna all’altra prendendo la rincorsa e sollevandosi da
terra. Su e giù, scivolando di lato, alzando la polvere ad ogni frenata.
Ma la bici nuova non era fatta per saltare su quelle dune.
Bella, ma goffa e poco maneggevole. Seconda discesa, frenata in
diagonale e tac... per terra! Il cerchione dietro, fuori dal suo asse,
era piegato di lato. Alcuni raggi, ancora scintillanti, erano liberi
nell’aria, rotti.
La bici nuova! Come fare per tornare a casa? E cosa dire?
Le lacrime agli occhi e il cuore spezzato!
La vecchia bici l’avevo riparata tante volte, sempre di
nascosto, usando i ferri di mio padre trovati in cantina. I cerchioni
li centravo con una chiave speciale tonda. Si incastrava nei raggi, si
stringeva e si allentava fino a quando la ruota tornava a girare nel
suo asse, senza tremolii e senza oscillazioni.
Anche questa volta, sulla duna dell’argine del fiume, con
mani, piedi e ginocchia riuscii a raddrizzare il cerchione. I raggi
rotti li attorcigliai attorno agli altri ancora sani. La ruota girava
di nuovo e potevo pedalare. Il rientro a casa avvenne lentamente, di
nascosto, senza una parola. Nascosi la bici e, il giorno dopo, andai
dal meccanico, nell’officina all’angolo, che conoscevo bene perché ero
spesso da lui: mi procurò i due raggi nuovi senza volere nulla e un
pomeriggio silenzioso, in cantina, smontai la ruota, cambiai i raggi
rotti e rimontai il tutto. Mia madre scese in cantina ma, per fortuna,
mi vide quando la ruota era già sistemata: le dissi che l’avevo
smontata per pulirla perché ci tenevo a mantenere la bici sempre pulita
e lucente. Mi vedeva spesso trafficare con i ferri e non ci fece caso.
La bici ritornò come nuova.
Con i raggi di nuovo risplendenti al sole, feci il giro del
quartiere e provai una grande gioia. La bici andava benissimo. Nessuno
si accorse di ciò che era avvenuto al fiume e anche l’amico meccanico
tenne la bocca chiusa. Fu la prima volta che riparai un danno senza che
i miei lo venissero a sapere. Contento, ma nello stesso tempo, triste.
Non sopportavo tener nascoste le cose.
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