I CINQUE PONTI

SENTIMENTO

Tita

Breganzona luglio 2016

”photo”

  «No! Un altro gatto? No!».
  In casa ne avevamo già due. Anzi tre, contando anche la Trilli, la micia della nostra prima figlia Manuela, che abitava in un appartamento a cento metri; ogni tanto la Trilli veniva da noi per socializzare con i nostri due gatti maschi. In realtà socializzavano poco: si tenevano a dovuta distanza e quando il limite veniva superato prima iniziavano con miagolii di avvertimento poi si passava alle vie di fatto e se le davano di santa ragione.
  Margherita, la seconda figlia, quando trovava per strada un animale, di qualsiasi tipo o razza fosse, che secondo lei era in pericolo, lo portava a casa. Un giorno arrivò con un cane enorme: era in mezzo alla strada, tra le macchine, e non poteva lasciarlo lì.
  Al cane piacque molto entrare in casa, si trovava completamente a suo agio. I due gatti li chiudemmo in una stanza: non erano molto contenti. Telefonammo all’associazione animali e lo vennero a prendere garantendoci che l’avrebbero trattato bene in attesa che qualcuno ne denunciasse la scomparsa. Fortuna volle che il pomeriggio, alla radio della rete locale, il presentatore del programma, raccontando la sua mattinata, disse che gli era scappato di nuovo il cane, saltando la pur alta palizzata del suo giardino, ed era preoccupato perché questa volta non aveva ancora fatto ritorno a casa. Sapevo chi fosse e che abitava a 500 metri da noi, proprio nel punto dove il cane era stato soccorso da Margherita. La sera lo chiamai e confermò che si trattava del suo cane. Ci ringraziò per la premura avuta e disse che avrebbe provveduto ad alzare la rete del suo giardino. Andò all’associazione animali e se lo riportò a casa.
  Quella sera si trattava invece di una gatta, una micina perché era incredibilmente piccola: l’aveva raccolta al di là della ramina vicino all’uscita dell’autostrada. Un posto pericolosissimo, pieno di macchine che sfrecciavano a pochi metri. Forse l’avevano abbandonata, sorte che capita a tanti animali. Aveva una piccola ferita al collo sotto il mento e un canino spezzato.
  Dissi a mia figlia che non ne volevo sapere e che sarebbe stato meglio lasciarla fuori dalla porta della cucina, quella che dava sul giardino. Margherita abitava con suo marito Alessandro al piano terra. La micia avrebbe trovato sicuramente da sola la via di casa.
  La mattina seguente, la gatta la trovai comodamente sdraiata su una poltrona in sala. Aveva miagolato tutta la notte fuori dalla finestra e non si poteva lasciarla lì. Voleva entrare. Appena entrata, aveva manifestato la sua gratitudine con solenni fusa di ringraziamento. Dopo aver mangiato e bevuto, si era raggomitolata sulla poltrona addormentandosi.
  In casa, conoscevano il debole che avevo per i gatti. Guardai Marta, mia moglie, e dal suo sguardo capii. La micia poteva restare.
  I gatti credevo di conoscerli bene. All’inizio tenevano le distanze, ma col tempo, quando capivano chi fosse a dar loro da mangiare, venivano a cercare le coccole rompendo il silenzio con le loro fusa. Riempita la pancia, si ritiravano per i fatti loro.
  Questa volta era diverso. Fin dal primo momento la micia aveva dimostrato una propensione fuori dal comune verso l’umano. I due gatti, padroni di casa, li teneva ferocemente alla larga, ma quando entrava in contatto con noi letteralmente si scioglieva. La cosa la si poteva giustificare solo o perché era in calore oppure perché aspettava i micini. La portammo dal veterinario e ci confermò che non poteva essere in calore e tantomeno incinta perché era già stata operata. In più non aveva il microchip per il riconoscimento di proprietà ed era già adulta, nonostante fosse così piccola.
  Di regola, quando un animale veniva trovato, occorreva denunciarlo in un sito ufficiale con tanto di foto e particolari sul luogo di ritrovamento. Se entro due mesi nessuno veniva a reclamarne la proprietà, l’animale poteva, di diritto, appartenere a chi l’aveva trovato.
  Nessuno venne a reclamarla.
  La chiamammo Bianchina, ma oggi preferisco chiamarla Tita. Dopo più di un anno che è con noi, i due gatti maschi li tiene ancora alla larga, mentre con noi umani continua a sciogliersi.


Umberto Siboni © 2018
tutti i diritti sono riservati


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