I CINQUE PONTI

RAGIONE

Il limite

Breganzona 2018

”photo”

  Non posso dire di provare invidia per certe persone, ma sicuramente le ammiro. Fatte tutte d’un pezzo, nella loro vita si sono appassionate a un’attività e l’hanno portata avanti sino in tarda età. Il mio amico pittore ha iniziato a dipingere fin da giovane e, arrangiandosi come poteva, ha continuato a farlo. Fin da piccolo, il meccanico che lavorava nell’officina vicino a casa metteva a posto le biciclette e questa passione l’ha portata avanti anche da adulto: era il meccanico delle biciclette. L’amico ceramista la sua strada l’ha scelta da giovanissimo e ancora oggi modella la creta. Così è avvenuto per il fornaio, l’eremita, l’insegnante, l’elettricista, il filosofo.
  Per anni mi sono chiesto in che modo queste persone avessero potuto scegliere l’attività della loro vita: per me non era stato possibile.
  Un giorno chiesi a Gigi, l’amico ceramista di Gandria, di raccontarmi come avesse avuto inizio il suo percorso lavorativo. Mi rispose che la ceramica lo interessava, ne aveva parlato con suo padre e si era iscritto alla scuola di ceramica nella bottega di Sandro Soravia ad Albisola, in Liguria. Lui era di Genova.
  Lo disse candidamente, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Per lui fu sufficiente parlarne con suo padre, che approvò e sostenne la sua scelta. Questa sua risposta mi mise a disagio perché non pensavo fosse possibile che un padre potesse concedere fiducia ai desideri di suo figlio senza imporre la propria volontà.
  Come in un film, rividi le immagini legate alla mia gioventù: l’età dove si pensa e si decide il futuro della propria vita. Quello che era capitato al mio amico a me non era successo. Quel “sì” di suo padre non l’avevo mai sentito dire dal mio.
  C’era una legge fondamentale che regnava in casa: solo quello che maturava dentro la scuola poteva determinare il futuro, il resto erano solo sciocchezze e capricci di cui non si poteva neanche parlare.
  Così avvenne per i giochi che facevo con la terra che trovavo in giardino. L’argilla buona era a un palmo sotto il punto in cui non era possibile arrivare solo vangando. Era stata aggiunta della sabbia per rendere il terreno meno argilloso così da permettere la coltivazione di patate, carote ed altri ortaggi. Per raggiungere la terra buona dovevo per forza scavare in profondità e ogni tanto i buchi rimanevano aperti. Quando mio padre li trovava, mi portava lì e una botta in testa non me la levava nessuno: facendo così rovinavo il giardino e l’orto. Cercai di farmi furbo e, prima del suo ritorno a casa, i buchi li chiudevo in modo che lui non si accorgesse di nulla. Nascondevo gli oggetti che modellavo sotto una grande vasca di cemento, in giardino, sostenuta da alcuni mattoni. Mio padre si accorse anche di quel nascondiglio e il rito si ripeté. Dovetti arrendermi e con la terra dovetti piantarla lì.
  A scuola, disegnare era l’unico mio interesse. Mi piaceva e ottenevo buoni risultati: la mia insegnante mi apprezzava e vedeva, in quello che facevo, una possibilità per il mio futuro. Nella mia città c’era un liceo artistico e da lì si poteva facilmente accedere all’accademia. Ne parlai in casa. «Tutte sciocchezze. Quello è il mestiere dei matti» fu la risposta. Chiuso.
  Proposi allora altri mestieri che mi interessavano, ma le risposte erano sempre le stesse: o erano stupidaggini o studi troppo difficili per me, visti i risultati scolastici.
  Un giorno mio padre tornò a casa dicendo che aveva visto in città, appeso ai muri, un manifesto su cui era scritto a grossi caratteri: “L’elettronica è il tuo futuro”. Quello era il mestiere che andava bene per me. Mi aveva purtroppo sorpreso in cantina a rovistare dentro una vecchia radio che non funzionava. Ci rimase di stucco quando la sentì cantare di nuovo, ma non disse nulla né mi chiese come avessi fatto a rimetterla in funzione. Io avevo solo saldato un filo che si era staccato.
  Dopo la licenza media, dovetti iscrivermi all’Istituto Tecnico Industriale, sezione elettronica industriale. Arrivai alla maturità odiando quella materia, ma quello ormai sarebbe diventato il mio mestiere. Prendeva solo una parte di me e mi sentivo di nuovo in catene.
Conobbi Marta e mi trasferii a Friborgo. Non conoscevo una parola di francese, ma mi iscrissi alla facoltà di “Sciences économiques et sociales”. A me interessava la sezione di informatica, alla quale si poteva accedere dopo il secondo anno. Era l’unico appiglio che mi permetteva di stare in quella città, vicino alla donna che amavo.
  Alla fine del primo semestre ci fu la sorpresa. La specializzazione in informatica era diventata un corso post-universitario. Non ce l’avrei mai fatta, a malapena potevo sopravvivere e a malapena mi interessava l’economia. Cercai un lavoro: lo trovai grazie alla mia formazione nel campo elettronico.
  I trentacinque anni che seguirono li trascorsi in quel mondo. Prima a Friborgo, poi in Ticino.
  Fu il periodo nel quale iniziai la sera, dopo il lavoro, a dipingere, a lavorare la ceramica, a fare cioè quello che non avevo mai potuto realizzare da giovane. Mi ero ritagliato, grazie a Marta, un angolo della casa dove poter finalmente essere me stesso. Mi rivolsi all’Accademia di Brera per chiedere di potermi iscrivere come esterno, ma mi risposero che non era possibile perché per certe materie era obbligatoria la presenza. Il mio lavoro non me lo permetteva: il contratto era a tempo pieno. In Ticino non c’era nulla di equivalente adatto a una persona adulta. Mi iscrissi a un corso serale di pittura, ma il livello era adeguato a chi non aveva mai tenuto in mano un pennello.
  Non avevo scelta: potevo solo essere autodidatta.
  “Un bel hobby”, “Un altro capriccio della tua mente”, “Beato te che riesci a trovare il tempo”. Questi, alcuni dei commenti che sentivo fare sulla mia attività.
  Quell’angolo, in casa, me lo ero ritagliato per concretizzare una parte di me che non potevo esprimere nella professione che mi dava da vivere.
  Sapevo però che il poco tempo libero non mi avrebbe portato lontano: fu ciò che chiamai “il limite”.


Umberto Siboni © 2018
tutti i diritti sono riservati


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