RACCONTI

La panchina

Lugano

settembre 2018

”photo”

  Siamo seduti su una panchina lungo la riva del lago. Un’occasione per fare due chiacchiere e godere della bellezza del paesaggio. È un pomeriggio di una calda giornata d’autunno: il sole lambisce lo specchio d’acqua e si riflette sui passanti. La passeggiata sul lungolago è la meta per i turisti che visitano questa località e anche per gli abitanti del luogo che, come noi, scelgono il lungolago per un momento di pace e serenità. Tutti con passo lento, da soli o accompagnandosi con amici e parenti.
  I tedeschi spiccano per il loro procedere composto e silenzioso, con i figli piccoli e biondissimi sulle spalle o tenuti tranquillamente per mano.
  Gli italiani sono più chiassosi, con i bambini in triciclo non abituati a farsi largo tra così tante persone ordinate e silenziose: è un continuo richiamo dei genitori a dirigerli di qua e di là per evitare che urtino i malcapitati di turno.
  I russi avanzano in formazione: due davanti, seguiti da altri tre con in mezzo il personaggio di potere, e due dietro, silenziosi, che sembrano controllare ogni movimento: anche il loro procedere è particolare, come se non si trovassero a loro agio: sembrano dubitare di tutto e di tutti, finendo col farsi notare per il loro atteggiamento sospettoso. Si guardano attorno, ma forse non vedono né il paesaggio né le bellezze di questo luogo. Non vedono i fiori sistemati con gusto e precisione: non vedono né i cigni né le anatre che si rincorrono a caccia di qualche boccone lanciato in acqua dai bambini.
  Passa la signora tutta in ghingheri con in braccio un cagnolino con il fiocco in testa e, a fianco, l’accompagnatore, più basso di lei, con un foulard rosso che spunta dalla camicia bianca: giacca azzurra, pantaloni bianchi e scarpe smaltate bicolore. Personaggi di altri tempi ma ancora presenti nella società di oggi.
  Passa una ragazza, sola, che si dà un contegno, evitando ogni sguardo come se non volesse essere notata.
  Ecco un ciclista con lo zaino in spalla che spinge la sua bicicletta tutta ricoperta di ornamenti che ricordano i posti visitati e le mete raggiunte.
  Due studenti sono seduti sul muretto che separa il marciapiede dal lago. Discutono con una certa enfasi su fatti avvenuti probabilmente a scuola.
  Arriva un gruppo di giapponesi. Tutti composti con la macchina fotografica in mano, pronti a scattare foto a qualsiasi cosa che li attragga.
  Tante persone con tanti volti diversi, ognuno con la sua storia.
  Il vissuto a volte si manifesta nel volto e nel modo di procedere. I sentimenti presenti in quel momento affiorano nello sguardo rendendolo sereno, triste, ripiegato su sé stesso o pronto per un saluto. In tutti, comunque, è presente il mistero. Per questo lo sguardo di noi che osserviamo è discreto e prudente. Prima di tutte le considerazioni c’è un profondo rispetto che rende questi momenti unici. Una goccia d’acqua piovuta dal cielo non percorre mai la stessa strada.
  Il sole si avvia al tramonto, così anche per noi è giunto il tempo di lasciare la panchina e ci incamminiamo, in silenzio, verso casa.


Umberto Siboni © 2018
tutti i diritti sono riservati


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